(considerazioni tratte da L’individuo libertario di Paolo Flores d’Arcais, ed. Einaudi) Tutto sappiamo ormai, sappiam chi siamo, donde veniamo, perché siamo al mondo, nati per caso e contro ogni profondo calcolo statistico. Poi moriamo. Di quark e superquark sappiamo tutto, di cloni, amminoacidi e neuroni. Per mille strade, mille evoluzioni, una prevale, il resto vien distrutto. Fu la nostra comparsa contingenza, necessità sarà il nostro commiato. Il sole e le sue macchie abbiam studiato, della nostra galassia l’emergenza, che senza meta percorre un cammino, formatasi per caso e senza un senso. D’un brodo primordiale semidenso nessun programma elaborò il Destino. Per caso non restò unicellulare[1] - fu un errore di duplicazione - la vita che conobbe l’esplosione, ché anche l’ADN può sbagliare. Nessuna metafisica istanza avrebbe mai il Cosmo molestato, se l’unicellulare strano fato più a lungo avesse fatto militanza. Sarebbe stata inghiottita la terra dalla futura esplosione solare[2] con la sua vita unicellulare, che un solo nucleo dentro sé rinserra. Per un cordato[3] ch’è sopravvissuto, su cui nessuno avrebbe mai scommesso, vive il mammifero ancora adesso, in una scimmia in seguito evoluto, non più di dinosauri ambito cibo, ché di meteora il casuale impatto ai rettili trionfanti dié lo sfratto. Frutto del Caso l’esser morto o vivo. Del codice genetico un errore mostruoso fe’ uno scimmiesco cervello di una nuova corteccia, il cui rovello di anima divien simulatore. Era sincera la curiosità finché non arrivaron le risposte, ché le speranze furon mal riposte se sete avevan di finalità. Ora, atterriti dal troppo sapere, al “Nulla” diamo il nome di “Mistero”. Il “volere saper” non era vero, né cercavamo risposte sincere. Ogni scoperta dell’astronomia cartomanti ed astrologi arricchisce. Di stigmate e miracoli stupisce la progredita neurobiologia. Ebbro e sontuoso di tecnologia[4], esplode un animismo di ritorno, Febo ed Aurora riportino il giorno, meglio ci culli la mitologia. La riabilitazione del mistero il nome assunse di filosofia, che la pura saggezza mandò via, non accettò il responso ch’era vero. La nostalgia di superstizione la chimica vorrebbe in alchimia, l’astronomia in astrologia ritrasformare senza esitazione. Empia e di presupposti irrispettosa fu la domanda, ed intollerante d’una risposta non filosofante, dall’acida ragione non corrosa. Ma la risposta fu poi detta Dio, già prima dei sospetti d’Epicuro e di Democrito. Il chiaroscuro della ragione promosse il rinvio. E si impose l’ebbrezza “razionale” ad una più appagante teologia, dell’infinito indicante la via, la scienza sottomessa all’ideale. Ipocrisia di tutte le domande, se poi non se ne accettan le risposte, ad ogni costo un senso, e senza soste, andando a ricercar, e che sia grande. D’una risposta che può dar conforto della ragione resta l’esigenza, di Buono e Bello vuol l’onnipresenza, di Giusto e Vero il necessario apporto. L’insopprimibil sete di sapere, nei roghi contrapposti d’eresia, in fumo la certezza mandò, pia, dell’Una Verità da compiacere[5]. Il Cosmo, sbriciolato dalla scienza, dell’uomo il privilegio già in frantumi, Inconscio[6], Evoluzion[7]spensero i lumi, al bisogno cedendo di adempienza. Caso e Necessità, risposta amara, di finalismo a quel nostro bisogno. La Verità fu assoggettata al Sogno, Sapere aude è il motto di chi bara. Nel cerchio freddo della conoscenza, e non nella magia dell’illusione, a vivere c’insegni l’opinione, educandoci alla diffidenza. Saggezza e disincanto, sempre uniti, distrarre non si lascino per via da un’evasiva già filosofia, che non ci vuole in polvere finiti. Lorenza Franco --------------------------------- [1] Quale rimase per due miliardi e duecento milioni di anni. [2] Tranquilli, ciò avverrà tra cinque miliardi di anni. [3] La Pikaia gracilens lunga 5 cm, l’unico cordato. [4] Si pensi al computer usato per le effemeridi. [5] Riforma e Controriforma. [6] In esso si rifugiò il concetto di “anima”. [7] Per suffragare il “miracolo del Creato”. © 2024 di Vini di Versi