E’ triste dover essere cattivi, dal padre e dalla madre tutelarsi, che fra loro vorrebbero scannarsi, perché è dal loro odio che tu vivi. Orrendo amalgama di sangue e sperma, macabra copula di genitali, il cielo si oscurò di nere ali, già al primo vagito il cuor si ferma. Era l’inferno che scaldava il latte e mi nutriva di odio e di morte, c’erano serpi ai capezzoli attorte, labbra neonate avide mignatte. Le armi per difenderti negate, covi speranze di atroci vendette. Il Bene giace, il Male è sulle vette, le gioie della vita a te negate. E per punire loro ti punisci, l’arena del duello sei tu stessa. L’ira che cova da tempo inespressa, s’avventa sul tuo corpo che ferisci. E ti guardi soffrire e sanguinare, non puoi tenderti mani che non hai. Spine mortali occultano i rosai, intenti solo fiori a sbandierare. L.F., 4 aprile 2001