Il coltivatore è chino sul terreno, getta semi per il frutto e percorre tutto il suo campo senza scorciatoie, col sudore sulla fronte. Poi c’è il sole che vola la pioggia e riscalda senza droghe e sotterfugi con l’ostinata forza dei suoi raggi. E allora nasce l’immensità della vita, tra le vallate fino al mare nel suono delle conchiglie e in un neonato che piange. Il coltivatore ride la sua speranza, assaggia la terra; poi continua nel fango, nell’aridità, nonostante la fatica cada dalle sue dita. Sa di poter perdere e far germogliare che il vento può distruggere, il calore seccare: il coltivatore chino sul terreno posa il suo amore, ancora, affinché un amaro esistere non piova sull’anima del mondo il silenzioso respiro di un deserto. Roberto Alessandrini